WANDERLUST.
L’OCEANO E LE ISOLE. BREVE VIAGGIO NELL’ARCIPELAGO DELLE AZZORRE.
LA PARTENZA
CAPITOLO 1
Sabato 20 Luglio ore 7.30. A bordo del
volo TAP AIR da Milano a Lisbona.
E’ proprio così. A volte basta poco,
un gesto, un indumento che ha un significato preciso, e la
prospettiva cambia. Per esempio, è sufficiente indossare il mio
giubbetto da viaggio dove sono cuciti (grazie Agnese) gli stemmi di
alcuni dei luoghi visitati in giro per il mondo e mi sento
precipitare nella “modalità viaggio” (wanderlust) che mi
presenta la realtà diversa, o meglio mi consente di guardarla con
sguardo diverso, da come la percepivo solo poche ore or sono.
Ieri sera mi approcciavo al breve
viaggio nell’arcipelago delle Azzorre con pensieri più cupi e
preoccupati di quelli che mi corrono in mente ora, mentre sono
compresso in questo piccolo posto lato finestrino.
Poiché la vacanza finirà presto e si
tornerà prima di quanto desiderato alla normalità (alla
consuetudine, è meglio dire, perché non è sancito che quella fosse
la normalità) è bene non dimenticare la preoccupazione e la
devastante stanchezza, accompagnata o forse causata da una serie di
malesseri, con cui sono giunto letteralmente sulle ginocchia al tanto
atteso odierno 20 luglio.
La ormai cronica orticaria con
conseguente (?) collegato (?) gonfiore alle mani e ai piedi tanto da
fare fatica ad usare le scarpe (e infatti ho preferito partire con i
sandali proteggendo i piedi dal gelo dell’aria condizionata con le
calze), un forte dolore alle gambe, altri malesseri minori che hanno
come conseguenza una acuta stanchezza, e infine uno strano dolore
(come se mi avessero conficcato un chiodo) nella parte destra della
schiena, tanto circoscritto quanto acuto.
Questi segnali, sommati alle
conseguenze di un anno vissuto intensamente con capacità di recupero
progressivamente minori e richiedenti tempi necessari più lunghi,
portano a riflettere sullo stile di vita.
Si aggiungono vicende recenti tristi e
note per le quali la partecipazione emotiva si accompagna, proprio
per la particolare vicinanza, con un po’ di sgomento e
preoccupazione e domande profonde non nuove ma sempre rimandate a
risposte future per le quali ci si illude ci sia sempre tempo.
Invece il tempo è una variabile
impazzita e non conosciuta. Rimanendo in campo ludico (questo è
sempre un diario di viaggio), ieri mi sono accorto che aver preso
solo una settimana di ferie è stato un errore. Se abbiamo a
disposizione quattro settimane non è un caso. Vuol dire che servono.
Per esempio, riposare qualche giorno prima di partire piuttosto che
partire la notte stessa dell’ultimo giorno di lavoro. Mi sono
addormentato almeno cinque volte con la biro in mano mentre scrivevo
queste ultime righe.
LISBONA - BELEM |
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