La prima, vera, grande domanda è: ma questo dolore è eticamente legittimo?
Scusate. Ricominciamo.
Sono le 22 e scrivo dal B&B Galezzi-Basily, in Ushuaia. Eè il 22 Febbraio.
Ci siamo lasciati che masticavo arachidi, sabato sera, a bordo della VIA AUSTRALIS.
Era "prima".
Ritorno alla domanda. Tutto questo dolore è eticamente corretto, legittimo?
Di fronte a migliaia di persone che, in fuga dalla guerra, vedono a cinquanta metri la possibilità di una vita migliore, o semplicemente di una vita, e questi cinquanta metri sono preclusi da soldati, barriere di filo spinato, muri o da acqua nella quale affogano. Di fronte a persone che vedono , a cinquanta virtuali metri la possibilità che siano loro riconosciuti quei diritti ormai naturali nelle nostre società evolute e in mezzo giochi di potere attuati da persone che usano questi diritti (per promuoverli o con maggiore probabilità per negarli ) come clave per colpirsi sulla testa o come strumenti per tutt'altri fini che i diritti stessi.
Ho fatto solo pochi esempi, su questi cinquanta metri reali o virtuali, che mostrano come essi possono provocare dolori, lutti, sofferenza, disconoscimento sociale. Sto parlando di persone che spesso non hanno scelto di essere nelle condizioni di aver bisogno di percorrere questi ultimi cinquanta metri a loro impediti, ma è stato loro imposto dal destino, da leggi, dall'economia, dalla violenza.
Allora, mi chiedo, questo mio dolore è eticamente corretto?
Dovrei vergognarmi di provarlo?
La sveglia è puntata alle 6.00. Dovrei dire "le sveglie" per la paura di non sentire l'allarme.
Alle 4.45 comincio a svegliarmi. Ciò che sto sognando tutte le notti da quando ho acquistato il biglietto, ciòa cui penso ogni giorno, si sta avverando.
Oggi sbarcheremo a Cabo de Hornos.
Capo Horn.
la vera "fine del mondo".
L'ultima terra emersa prima dell'Antartide.
Essendo all'estrempo Sud il cielo è ovviamente percorso da scure nubi.
Abbiamo tre condizioni ipotetiche che rendono lo sbarco impossibile: la forza del vento, l'altezza delle onde, la condizione della spiaggia.
Alle 7.00 siamo nel suogo di raccolta con i nostri giubbotti di salvataggio.
Io da un anno, oltre a pensare e sognare, ho un timore come un tarlo. Il timore che qualcosa vada male.
Sul ponte non c'è una buona aria.
Quando le onde si infrangono, il vento appare impetuoso.
Un primo annuncio.
Lo sbarco è sospeso in attesa di condizioni migliori.
Comincio a sentire un dolore allo stomaco.
Per cinque volte la nave va avanti e indietro, a cinquanta metri dalla spiaggio dello sbarco.
L'isola è lì, a cinquanta metri.
IL monumento raffigurante l'albatros è chiaramente visibile.
Secondo annuncio, del comandante questa volta.
Il vento soffia a 140 km/h
Lo sbarco è annullato.
Il buio.
E' eticamente giustificabile questo mio dolore considerando quali sono le situazioni nelle quali le persone soffrono per un NO, irrimediabilmente, perdendo spesso l'unica occasione della loro vita?
Non lo so.
Forse è il dolore di uno che vive nel benessere.
Ma c'è, è vero, è sincero.
Questo dolore, io lo sento fino in fondo.
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