sabato 23 aprile 2016

2016. DIARIO DI VIAGGIO IN ARGENTINA con Chile, Brasile e Paraguay. Cap. 18.3 RITORNO A BUENOS AIRES

2016. DIARIO DI VIAGGIO IN ARGENTINA con Chile, Brasile e Paraguay. Cap. 18.3 RITORNO A BUENOS AIRES
Venerdì 5 Marzo. BA presso Lina's Tango Guest House.




Ieri, in un bar dove ci siamo fermati per mangiare un “insalata di frutta” a pranzo, è bastato salutare la coppia di anziani seduta al tavolo vicino per iniziare una conversazione. Così è emerso che la signora ha origini italiane (che strano!), un cugino a Trieste, e che sono sposati da 42 anni (mi hanno chiesto se Lella fosse la mia fidanzata, ho risposto che è mia moglie da -ben- 32 anni!)

Alla fine, complice un poster con la foto di Francesco, ci hanno detto – sempre che abbiamo ben capito- che quando si sono sposati hanno avuto la benedizione di Bergoglio, ma che ora a loro, sostenitori di Macrì, Francesco non piace tanto.

Ci siamo salutati con strette di mano e tanti sorrisi. Che bella coppia, simpatica. Chissà, pensavo, ai tempi della dittatura con chi stavano, cosa pensano delle Madri di Plaza de Mayo, che opinione hanno di Videla e sui desaparecidos.

Perchè è difficile, relazionandosi superficialmente con qualche argentino oggi, comprendere come sia stata possibile una guerra così violenta, inumana, crudele, di una parte della società argentina contro un'altra parte della stessa società. Così come forse si fa fatica a comprendere per ogni altra nazione e ogni altro popolo del mondo. Forse è solo un bel segnale vedere nei bei volti di tanti giovani di questa nazione solo curiosità, determinazione, voglia di essere allegri. Certo. Ma sappiamo che noi uomini, di noi stessi, non dobbiamo mai fidarci completamente.

Alle 15 l'altro ieri, giovedì, eravamo in Plaza de Mayo (ma l'ora prevista era alle 15.30, come al solito ho sbagliato orario). Attorno alla piramide erano fissate alla cancellata delle bandiere blu della associazione delle Madres, un gruppo non folto di persone, alcuni anziani alcuni giovani, numerosi fotografi.

Uno stand dove si vendevano prodotti della Associazione, probabilmente per l'autofinanziamento. Sicuramente molti turisti curiosi e interessati come noi.

Alle 15.30 arriva un furgone e scendono 4 signore con il loro ormai famosi foulard bianco sul capo.

Reggono uno striscione che dice che la mancanza di lavoro è un crimine.

Dietro di loro il gruppo di argentini presenti marciano e intonano una canzone che non capisco ma che mi sembra essere critica verso il nuovo presidente Macrì. Come Antonella ed io, molti fotografano e riprendono l'avvenimento, concentrandosi soprattutto sulle signore.

Vedo una cosa strana: staccato dal gruppo “ufficiale” un altro piccolo gruppo percorre lo stesso itinerario circolare reggendo foto di persone scomparse. C'è un palese disaccordo con il primo gruppo ma non capiamo il motivo.

Io penso agli anni tra il 1976 e il 1982, agli anni senza turisti e televisioni (che erano impegnate con il Mundial di Fillol, Kempes, Passarella, Tarantini, Ricardo Villa e Ardiles), i social.

Agli anni in cui in Argentina si poteva essere caricati a forza su un'auto nera senza targa e sparire, letteralmente sparire, dalla faccia della terra.

Penso a queste donne, madri e forse già nonne, che non sanno più nulla dei loro figli e dei loro nipoti. E non hanno risposta ad alcuna domanda. Non sai se è in prigione, se è già morto, se è torturato. Non c'è processo, neanche farsa, condanna, appello. Semplicemente sparito. A memoria credo che in quegli anni quasi tutto il Sudamerica fosse in mano a dittatori. Sono gli anni prima di Kissinger e poi di Reagan, di Pinochet, forse già gli anni di d'Abouisson e del martirio di Romero. Probabilmente questa dittatura è apprezzata e sostenuta in alcuni ambienti, ricordo il nome del cardinale Pio Laghi. E quindi credo fossero poche o nulle le porte a cui bussare per chiedere aiuto. Ho voglia ora di approfondire la conoscenza di quel momento storico.

Di capire come a queste donne, a cui hanno rubato i figli e nipoti, sia venuto questo coraggio e questa intelligenza di sfidare la dittatura in un modo così potente e forte che i generali si sono trovati impotenti a fermarlo.

L'ho già detto, la mia paura più grande è di non essere in grado di proteggere i miei figli e il mio timore è di essere realmente così debole da non essere in grado veramente.

Questa angoscia mi blocca dal vedere film o leggere libri che affrontino questo argomento perchè mi immedesimerei. Certo, è un dolore egoistico, come spesso mi capita, perchè penso soprattutto a me stesso e alla mia famiglia e non vedo, chiuso nel mio benessere, tante situazioni nelle quali padri sono in difficoltà nel proteggere i loro figli, per le quali magari potrei concretamente dare una mano invece di arrovellarmi in intellettualistici disagi.

Ma, torno alle Madri di Plaza de Mayo. Quello che vorrei dire è che non conosco e non mi interessa ora lo sviluppo e le dinamiche del movimento oggi (ho visto urlare dietro alle madri delle facce che a pelle non mi piacevano).

No, questo per me è importante, lo dico a chiare lettere: ho avuto la sensazione, camminando a fianco di quattro di loro, di camminare assieme a persone che hanno fatto la storia. Girando attorno alla piramide, come mi è accaduto ad Hiroshima, ho avuto la sensazione di percorrere i sentieri della storia.




















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