Domenica 26 marzo Kunming. A bordo del volo China Eastern in attesa di partire per Dali
Sveglia all'alba e ansia a catinelle finché non ci siamo seduti a nostri posti sull'aereo. Vivian, la nostra guida, ci ha prenotato due posti corridoio, vicini. Per un volo così breve sono i posti più comodi. Abbiamo i nomi delle due guide che ci scorteranno i prossimi giorni. Non sappiamo però come sarà distribuito l'impegno.
L'aeroporto di Kunming è molto grande. Abbiamo camminato almeno dieci minuti tra il controllo polizia, molto veloce, e il gate (come al solito apparentemente il più lontano!).
Che differenza tra Xienjié, dove eravamo solo venerdì scorso, e questo aeroporto. La parte dello Yunnan che abbiamo visto contrasta in modo quasi antitetico con questa Cina rappresentata da un aeroporto che si presenta lucidissimo ed efficiente.
Qui un profluvio di luci, due mattine fa il mercato coperto di Xienjié dove la luce è solo quella naturale, offuscata dai fumi che si sollevano dalle carni degli animali appena macellati e dalla nebbia mattutina che entra dalle aperture.
La Cina che conosciamo dai giornali, ardita e rapida, che costruisce ponti su abissi infiniti in pochissimo tempo e le donne Yi che portano la legna nelle pesanti cesta affrancate alle spalle e alla testa. Se ovunque un turista può solo grattare il ghiaccio, in questo viaggio, soprattutto, occorre limitarsi a registrare ciò che si vede, senza la ridicola pretesa di esprimere opinioni e dare giudizi sociologici e culturali. Se dovessi scrivere la prima parola che mi viene in mente pensando a ciò che ho visto in questa settimana, la parola è: sperequazione. Che è, che dovrebbe essere, particolarmente e paradossalmente incongrua in un paese retto con pugno di ferro da un Partito Comunista.
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